Sindromi da sovrapposizione fra epatite autoimmune e colangite biliare primitiva: una sfida per la diagnosi
Dott. Alessio Gerussi: “La corretta individuazione di queste patologie è complicata dal disaccordo fra gli esperti, come dimostrato dalle eterogenee raccomandazioni delle attuali linee guida”
Milano – L'epatite autoimmune (AIH) e la colangite biliare primitiva (PBC) sono due malattie epatiche autoimmuni distinte, ma a volte si intrecciano con caratteristiche sovrapposte, e ciò pone numerose sfide nella diagnosi e nella gestione dei pazienti. La consapevolezza di ciò risale agli anni '70 del secolo scorso, con le prime segnalazioni di casi di sovrapposizione che ne evidenziavano la complessità. Ad approfondire il tema è uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Gastroenterología y Hepatología da un gruppo di ricercatori dell'Università di Milano-Bicocca e degli ospedali Niguarda di Milano e San Gerardo di Monza.
Negli ultimi decenni, per l'epatite autoimmune e la colangite biliare primitiva sono stati introdotti dei sistemi di punteggio diagnostico, come quello dell'International Autoimmune Hepatitis Group (IAIHG) nel 1992 o i criteri semplificati per l'AIH nel 2008, ma entrambi sono risultati intrinsecamente limitati nella diagnosi di sindrome da sovrapposizione delle due patologie. I cosiddetti 'Criteri di Parigi' (1998), invece, offrono un quadro diagnostico con elevata specificità per la sindrome da sovrapposizione tra PBC e AIH, ma non sono supportati da tutte le linee guida internazionali. Dati più recenti mostrano infatti che i Criteri di Parigi escludono dalla diagnosi forme meno severe di questa sindrome, che comunque potrebbero beneficiare di terapie di combinazione anticolestatiche e immunosoppressive.
La presenza di caratteristiche sovrapposte tra colangite biliare primitiva ed epatite autoimmune è un dato di fatto e si verifica in una percentuale variabile di pazienti, difficile da quantificare con esattezza a causa della scarsa omogeneità nella definizione dei casi nella letteratura disponibile. La vera e propria sovrapposizione di queste due patologie (o “overlap”) è considerata una condizione piuttosto rara e tipicamente diagnosticabile mediante l'utilizzo dei Criteri di Parigi.
Al contrario, la sovrapposizione di alcune caratteristiche considerate più specifiche dell'una o dell'altra condizione può verificarsi molto più frequentemente, con conseguenze ancora poco studiate in termini di prognosi e strategia terapeutica. L'approccio a queste sindromi, che possono essere considerate varianti della PBC o dell’AIH, dovrebbe essere cauto per evitare un sovratrattamento dannoso, ad esempio sospettando caratteristiche di epatite autoimmune nei casi di colangite biliare primitiva con risposta scadente alle terapie di prima linea; d'altro canto esiste anche il rischio di non trattare forme di epatite autoimmune con adeguata immunosoppressione, attribuendo l'infiammazione epatica unicamente alla colangite biliare primitiva.
In simili casi, le strategie terapeutiche dovrebbero essere guidate dalle caratteristiche predominanti osservate: i soggetti che presentano caratteristiche sovrapposte che però favoriscono l'epatite autoimmune traggono idealmente beneficio dai farmaci immunosoppressivi, mentre i pazienti che manifestano principalmente caratteristiche della colangite biliare primitiva dovrebbero inizialmente ricevere un trattamento con farmaci coleretici come l'acido ursodesossicolico (UDCA), ed eventualmente terapie aggiuntive di seconda linea per la stessa PBC nel caso di risposta biochimica incompleta all’UDCA.
AIH e PBC possono presentare caratteristiche sovrapposte non solo a livello sierologico ma anche istologico. L'istologia rappresenta un elemento fondamentale nella valutazione delle sindromi varianti, ma può rivelarsi un'arma a doppio taglio, in quanto può portare a interpretazioni errate se non gestita con cura. Questi elementi rendono la sola istologia inadeguata per una diagnosi definitiva. Anche i profili autoanticorpali potrebbero essere utili per la diagnosi, ma allo stesso modo non possono essere esclusivamente considerati per ottenere una valutazione solida e coerente. Pertanto, è preferibile che i pazienti con sospette sindromi da sovrapposizione vengano indirizzati a centri specializzati dotati di adeguate competenze multidisciplinari.
Tuttavia, anche in questi centri i pazienti possono essere diagnosticati erroneamente e trattati in modo inadeguato. “Il problema principale risiede nel disaccordo fra gli esperti, come dimostrato dalle raccomandazioni eterogenee, e in qualche modo divergenti, delle linee guida internazionali disponibili sull'argomento”, spiega il dr. Alessio Gerussi, responsabile dello studio. “Assieme al nostro gruppo di ricerca, ho guidato negli ultimi due anni un consenso internazionale che ha cercato di mettere ordine tra i diversi punti di vista, per contribuire al progresso della ricerca e alla salute dei pazienti”, conclude l'esperto. “Inoltre, è sempre importante che i medici abbiano una visione dinamica di queste condizioni, poiché nel tempo possono comparire caratteristiche diverse, costringendo a riconsiderare le ‘etichette diagnostiche’ originarie”.
Fonte: osservatoriomalattierare.it