Epatite C: pazienti costretti a interrompere la terapia per mancanza di fondi
Solo l’intervento in extremis dell’Associazione pazienti EpaC Onlus
è riuscito scongiurare l’interruzione della terapia per alcuni pazienti con epatite C
in cura presso l’ospedale di San Giovanni Rotondo
è riuscito scongiurare l’interruzione della terapia per alcuni pazienti con epatite C
in cura presso l’ospedale di San Giovanni Rotondo
Roma, 20 novembre 2013 - I ritardi nei pagamenti e l’esposizione debitoria accumulata da alcune ASL e Aziende ospedaliere sull’orlo del default possono causare l’interruzione dell’erogazione di terapie salvavita come quelle per l’epatite C.
Il primo squillo d’allarme arriva dalla Puglia: tutto è partito dalla segnalazione di due pazienti con Epatite C in cura presso la Gastroenterologia dell’Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo, che nei giorni scorsi si sono rivolti all’Associazione EpaC Onlus riferendo di aver incontrato problemi nel poter continuare ad assumere boceprevir, un farmaco innovativo per il trattamento della patologia.
Uno dei due pazienti con malattia molto grave, la cirrosi epatica, aveva già interrotto la terapia da alcuni giorni, perché la farmacia ospedaliera della Casa Sollievo era sprovvista del farmaco, nonostante la terapia debba essere portata a termine perché abbia completo successo, cioè la guarigione definitiva. Una guarigione che per questo paziente sembrava a portata di mano visto che già da diverse settimane gli esami non rilevavano tracce del virus nel sangue.
Il secondo paziente aveva invece denunciato di essere stato avvertito che entro pochi giorni sarebbe cessata anche per lui l’erogazione del farmaco.
L’Associazione EpaC, attivatasi immediatamente, ha scoperto che almeno altri 5-6 pazienti si trovavano nella stessa condizione e rischiavano quindi di vedersi negata l’erogazione del farmaco nel giro di pochi giorni.
L’azienda produttrice del farmaco, MSD Italia, interpellata da EpaC ha riferito che all’origine del problema vi è la pesantissima esposizione debitoria dell’ospedale e di aver deciso per tale motivo di provvedere alla fornitura solo dietro pagamento anticipato. Non avendo la Casa Sollievo dato seguito a questo tipo di modalità, la fornitura è stata sospesa.
La vicenda è adesso in via di risoluzione grazie all’intervento di EpaC Onlus e della stessa MSD che ne ha raccolto l’appello. A seguito della segnalazione, l’azienda ha deciso di procedere a una consegna tassativa espressa per fare in modo che i pazienti in cura presso il Centro non debbano rimanere senza terapia. Ma l’allarme resta perché si tratta di una misura eccezionale determinata dall’emergenza che si era creata e che non può essere considerata risolutiva.
«L’Associazione EpaC non ha il potere di entrare nel merito di un contenzioso di carattere finanziario, ma quello che a me sta a cuore sono le gravi ripercussioni sulla salute di alcuni cittadini malati», afferma Ivan Gardini, Presidente di EpaC Onlus. «Deve prevalere il senso di responsabilità. Alcuni pazienti sono in fase avanzata di malattia e, se non curati, possono andare incontro al tumore del fegato e al trapianto. Le terapie sono faticose da sopportare e interromperle significa vanificare gli sforzi di medici e pazienti. Tutto andrebbe perso compreso il denaro già speso per iniziare le cure. Ma, soprattutto, i pazienti si troverebbero in guai molto seri».
MSD ha riferito all’Associazione EpaC che tutti i tentativi precedentemente esperiti per scongiurare questa situazione erano andati a vuoto, compresi piani di rientro concordati con la stessa Azienda Ospedaliera e il tentativo di bypassare i ritardi dei pagamenti tramite contrassegno.
«In deroga a quanto stabilito, abbiamo deciso di accogliere l’appello di EpaC, consegnando il farmaco per fare in modo che questi pazienti non debbano affrontare le conseguenze importanti che la sospensione del trattamento comporta», afferma Pierluigi Antonelli, amministratore delegato di MSD. «Ci è sembrato l’atteggiamento più giusto e responsabile, pur in presenza di una situazione insostenibile, non certo creata da noi: interrompere questo tipo di trattamento espone il paziente al rischio di sviluppare resistenze e visto che, in questo caso, si trattava di pazienti in fase avanzata di malattia, le conseguenze potevano essere drammatiche».
L’allarme per adesso è rientrato ma la questione del finanziamento delle terapie innovative per l’epatite C, soprattutto a livello locale, resta drammaticamente aperta: «Ci risulta» – osserva Gardini - «che AIFA, l’Agenzia italiana del Farmaco, abbia stanziato oltre cento milioni di Euro per la cura dell’epatite virale C con i nuovi farmaci inibitori della proteasi, e che di questi meno della metà siano stati effettivamente utilizzati. Dove sono finite queste risorse?»
Domande che attendono una risposta rapida, perché per un paziente con cirrosi ogni giorno passato senza terapia significa veder allontanarsi l’unica possibilità di bloccare l’evoluzione della patologia, con il rischio sempre più forte di andare incontro allo scompenso epatico, al decesso o al trapianto di fegato.
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