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Epatite C, arriva la super cura ma costa 50mila euro a dose “Così si sbanca la sanità”

ROMA — Arriva il super farmaco e il sistema sanitario italiano trema. Aifa, ministero alla Salute, Regioni e specialisti stanno studiando come parare il colpo del Sofosbuvir, il primo antivirale in grado di sconfiggere, in buona parte dei casi, l’epatite C. Il problema è che l’azienda che lo produce, la californiana Gilead sciences, se lo fa pagare molto caro. Il prezzo per l’Italia non è ancora stato contrattato dall’Agenzia del farmaco ma visto anche quello che sta succedendo in altri Paesi europei si stima che si aggirerà intorno ai 50mila euro per un trattamento di 12 settimane.

Non è tanto il costo per il singolo paziente a spaventare, quanto il numero di pazienti. L’infezione che si prende prevalentemente attraverso il sangue, un po’ come l’Hiv, è diffusissima e in tanti non sanno nemmeno di averla. Le stime più pessimistiche ipotizzano che nel nostro Paese potrebbero aver bisogno della terapia tra le 200 e le 500mila persone, per una spesa massima di 25 miliardi di euro. È una cifra esorbitante, che il sistema sanitario non può assolutamente permettersi. Tanto per avere un’idea, è poco più bassa di quanto spende l’Italia in un anno per tutte le medicine, quelle somministrate in ospedale o vendute in farmacia, a carico del sistema pubblico o dei cittadini. Il punto è che anche cifre molto inferiori non sono alla portata delle casse delle Regioni.

Negli uffici del ministero sta girando un dossier che parla di una spesa compresa tra 3 e 25 miliardi: anche la prima delle due cifre, che servirebbe per 60mila malati, non è ritenuta sostenibile. Ieri mattina all’Aifa c’è stato un incontro a cui hanno partecipato anche i medici dell’Aisf, l’associazione italiana per lo studio del fegato. L’idea è quella di disegnare delle linee di utilizzo del medicinale, sentito anche il ministero, per individuare i pazienti da trattare. Va assicurato a chi serve veramente, evitando trattamenti inappropriati.

Stefano Fagiuoli dirige la gastroenterologia e epatologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII Bergamo e fa parte dell’Aisf. «Dobbiamo darci un sistema ragionevole di priorità e all’inizio dovremo usare il farmaco su chi ne ha maggior bisogno, chi rischia nell’immediato di morire per la malattia. Con gli altri pazienti dobbiamo parlare, spiegando che ci sono altre terapie e possono aspettare facendo quelle. Il punto è che la stragrande maggioranza degli infettati non sanno di avere la malattia ».

L’arrivo della nuova molecola potrebbe sensibilizzare maggiormente tutta la popolazione, così aumenteranno i controlli e ci saranno nuove diagnosi. Per questo le persone che chiederanno di essere trattate potrebbero aumentare. L’Italia è il paese di Stamina, dove in tanti si battono per avere un metodo nemmeno sperimentato. Cosa può succedere per un farmaco il cui funzionamento è dimostrato?

«È la mia paura — dice Fagiuoli — trovarsi con pazienti a cui diciamo che non c’è bisogno di prendere subito il farmaco che vanno da un giudice per obbligare il sistema sanitario a curarli con quella molecola. Per fortuna le associazioni dei pazienti sono molto serie». Il Sofosbuvir è in grado di provocare la remissione della malattia, cioè di portare alla sieronegatività.

Fino ad ora si usavano molecole come l’interferone che stimola il sistema immunitario a reagire contro l’infezione, ora è arrivato un antivirale diretto. «Altre quattro o cinque aziende stanno lavorando su molecole simili che arriveranno sul mercato in futuro — osserva ancora Fagiuoli — la concorrenza potrebbe abbassare i prezzi». Quello per l’epatite C è solo il primo di una serie di farmaci a prezzo molto alto destinati ad entrare in commercio. In questi anni si stanno deprezzando parecchie molecole di largo consumo per la scadenza del brevetto ma arrivano nuovi prodotti specialistici molto cari. È il caso di un prodotto contro la fibrosi cistica atteso l’anno prossimo e di medicinali oncologici, ad esempio contro il cancro alla prostata

Fonte: passionetecno.it

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